Il SINTOMO

Il SINTOMO

Per una breve riflessione sul sintomo ricorrerò per funzionalità ai concetti classici freudiani di ES ed IO tralasciando di includere il Super-io per non complicare inutilmente il discorso.

All’inizio della vita tutta l’esperienza è strutturata attorno ai bisogni basilari ed elementari di sopravvivenza, il nuovo nato è un essere semplice rispetto alle potenzialità future e completamente autocentrato, in lui domina l’istinto di vita la cui unica finalità è preservarsi e procurarsi piacere.
Col passare del tempo la progressiva maturazione delle strutture e connessioni del sistema nervoso centrale metteranno il bambino in grado di sperimentare e interagire sempre più con il mondo attorno a lui e ben presto l’egocentrico e solitario es si troverà a doversi adeguare a limiti provenienti dal mondo sociale che gli gravita attorno e da cui dipende. I suoi genitori per primi hanno nei suoi confronti desideri, aspettative e bisogni di gratificazione in quanto genitori; di fatto il bambino è già stato influenzato dalle fantasie e dai sogni di chi lo ha desiderato e prefigurato in un certo modo tenendolo nel proprio grembo prima che venisse alla luce.
Il principio di piacere rappresentato dall’ES si scontrerà ora con il principio di realtà, la realtà sociale con tutte le sue richieste e le sue regole che non sempre saranno in armonia con il piacere e il desiderio del bambino. L’IO sarà l’insieme dei compromessi fra bisogni e richieste personali e bisogni e richieste sociali.
Ed ecco delinearsi le Storie di ciascuno di noi, tutte diverse, tutte non paragonabili l’una all’altra nel loro intrecciarsi irripetibile di eventi ed attori.
Ci saranno storie più “fortunate” ed altre meno, e questo dipenderà dalle caratteristiche dell’ambiente che accoglie: ci saranno genitori sofferenti e non realizzati, portatori di desideri non soddisfatti e repressi di cui non necessariamente sono consapevoli loro stessi e tanto meno in grado di soddisfarli.
Altri si troveranno immersi in preoccupazioni e conflitti nel loro presente.
Situazioni di questo tipo facilmente offriranno uno spazio di ascolto e di cura fortemente inquinato dalla sofferenza; il bambino troverà poco spazio per esprimersi e sentirsi capito e ben accetto con le sue caratteristiche, su di lui verranno proiettate immagini e richieste che appartengono alla storia individuale del genitore e, per essere accudito, suo bisogno primario e da cui dipende la sua stessa sopravvivenza, si deformerà a queste richieste andando a manipolare e occultare i suoi veri bisogni
Il principio di realtà andrà dunque ad uccidere il principio di piacere? Che ne sarà dell’ ES, tutto volto a preservare i bisogni naturali e soggettivi?
La soluzione di adattamento provocherà il recedere nell’ombra e l’occultare nel buio della propria cantina il proprio desiderio, che tuttavia non morirà: in modo sotterraneo proprio perché, carico di una proibizione originaria, continuerà a farsi sentire cozzando continuamente contro la resistenza del principio di realtà in origine rappresentato dai genitori e, successivamente, dalla società di cui loro resteranno i prototipi.
Ed ecco che arriviamo al sintomo: mentre l’ES continua a mandare i suoi segnali di esistenza e protesta, l’IO continua a reprimerli e disconoscerli, così l’ES, relegato alla sfera della non consapevolezza (inconscio), continua a parlare una lingua dimenticata che non vuole e non può più essere capita nè ascoltata. Risultante di questo conflitto sarà l’affiorare di sentimenti e di comportamenti disturbanti, “strani”, incongruenti che lavorano contro le nostre mete e si impossessano della nostra vita togliendocene la direzione ed il piacere. Vissuto come tale il sintomo è un accidente estraneo e inspiegabile, un nemico da sfuggire e cercare di tramortire con la chimica dei farmaci che, appunto, utile a tramortire, e a volte indispensabile, non risolve il problema, ma lo modifica stabilendo una dipendenza.
Nel percorso della psicoterapia il sintomo diventa un protagonista prezioso e salvifico. Partendo dalla considerazione e progressiva lettura di questo segnale che è tutt’altro che accidentale e inspiegabile, diventa possibile attraverso il processo terapeutico ricostruire a ritroso, passo dopo passo, il tragitto compiuto per arrivare ad essere come siamo. Alla nostra consapevolezza si presenta solo la risultante della trasformazione, disponiamo solo della scena finale, mentre abbiamo messo al buio il come e il perché siamo arrivati a rappresentarci proprio nel modo attuale .
Tuttavia l’alleanza e l’esperienza dello psicoterapeuta questa volta guiderà il percorso in modo tale da mettere in grado di rivivere e recuperare proprio questi fondamentali processi mancanti e tutto avverrà naturalmente mentre si “cresce” e si diventa pronti a capire e ad accogliere ogni proprio vissuto come legittimo e profondamente sensato.
Il sintomo durante la terapia continuerà a parlare, ma attenuandosi e a volte sparendo velocemente; in altri casi muterà nella sua pesantezza, a tratti si ripresenterà per poi recedere e impiegando tempo per assicurarsi di non essere più necessario, e finalmente sparire; sarà comunque in continuo dialogo attivo per segnalarci la costruttività o meno del nostro lavoro. Alla fine il soggetto, in cui nulla di importante può essere cancellato e omesso, si ritroverà visto e riconosciuto; avendo riconquistato coscienza delle sue ragioni e dei suoi bisogni e avendoli finalmente integrati nella loro legittimità, non avrà più nulla a lavorargli contro. La forza menomante della protesta sotterranea, una volta emersa e riconosciuta, si tramuterà in lucida capacità di capire e di perseguire ciò che realmente ci occorre.