PENSIERI SULLA DIPENDENZA

Quello che per la Natura costituisce un dato pacifico diventa per il genere umano qualcosa di tragico.

PENSIERI SULLA DIPENDENZA

La NATURA vive, noi possiamo osservarci vivere e pensarci addosso, la NATURA é la sua storia basata su istinti e su aggiustamenti continui in equilibri meravigliosi e perfettamente coordinati: NOI FACCIAMO la storia dal momento che ci riconosciamo allo specchio e questo ci mette in condizione di intervenire sulla realtà, e continuamente interveniamo ad alterare a nostro piacimento la nostra immagine e il suo contesto, addirittura dietro a questo nostro intervenire finiamo per trascinare la Natura stessa su cui ci illudiamo di trionfare.

Ciascuno di noi da tempi immemorabili esiste in quanto in origine due cellule si sono incontrate e fuse dando origine ad una cellula nuova . L’ambiente madre ha accolto, nutrito e coltivato dentro di sè l’embrione, il feto, fino alla comparsa nel mondo di un “io”, un “tu”…dopo di che io,tu ,l’altro abbiamo continuato a sopravvivere perché una micro/macro struttura sociale ci ha accolto continuando a sua volta a dare protezione e sostentamento sufficiente al raggiungimento di una maturità.

PERCHè la condizione universale e naturale di dipendenza ci crea e ci induce a creare ai nostri simili un continuum di problemi ? Forse la risposta più radicale sta nell’ emozione della PAURA che, a mio avviso, è la più antica compagna di viaggio di ogni essere vivente.

Se qualcuno in origine non mi protegge e si occupa di me io morirò, non sono io ad essere padrone della mia sopravvivenza, non posso farcela da solo, ma nemmeno posso governare il sistema da cui dipendo. Anche nella condizione più naturale di spontanea e tranquilla dedizione della madre all’embrione che custodisce,quest’.ultimo porterà nella sua memoria di specie il ricordo arrivato da più o meno lontano di un accidente intervenuto improvvisamente a minacciare la vita.

DIPENDENZA, cioè, non autosufficienza, cioè, non garanzia di una capacità di sopravvivenza autonoma, cioè ,ANGOSCIA DI MORTE; ne consegue a ritroso che la paura di morire può essere esorcizzata da una situazione di auto protezione e potere che ci liberi dalla precarietà di una garanzia di vita che sta in mano a un altro non controllabile.

Essendo la dipendenza l’esperienza più primordiale e incisiva che l’umanità possa fare, sarà attraverso questo stato di vulnerabilità che tutti noi subiremo i maggiori ricatti e le maggiori offese.

Come sempre ciò che maggiormente interverrà a DIFFERENZIARE una storia da un’altra saranno i presupposti sociali in cui ci troveremo a nascere. Se i nostri genitori saranno stati a loro tempo bambini felici , molto probabilmente saranno pervenuti ad essere adulti per un processo di effettiva maturazione e realizzazione, in questo caso saremo dei figli fortunati che sperimenteranno il loro stato di dipendenza più sul versante della garanzia e della rassicurazione. Ma cosa succederà se nasceremo in un ambiente carico di situazioni non risolte dove l’adulto in senso anagrafico non corrisponderà all’adulto in senso emotivo? Lo stato di dipendenza che sperimenterà il figlio nei confronti di questi genitori diventerà uno spazio di esperienza circoscritta e soffocata dai bisogni e dai desideri insoddisfatti di questi, il figlio dovrà adattarsi a rispondere e compensare le parti non risolte dei suoi genitori trovandosi a rivestire ,sul piano emotivo, UNA PARTE INVERTITA DI FUNZIONE PARENTALE in cui sarà lui a doversi adeguare , si troverà a muoversi su una scena già troppo ingombra di necessità altrui per poter presentare e ricevere ascolto sulle proprie.

Attorno a queste frustrazioni si andrà a formare e consolidare una personalità che porterà tutti i segni del suo aver avuto possibilità troppo povere di espressione e per la quale la lunga condizione di dipendenza sarà stata portatrice di varie calamità.

In qualsiasi modo ,comunque, la nostra dipendenza venga vissuta, nessuno sarà risparmiato dallo sperimentare e patire il senso amaro dell’impotenza e della precarietà.

Di fronte a qualcosa che non piace o costituisce una minaccia , ogni animale ha a disposizione due alternative: l’attacco o la fuga. Dallo stato di dipendenza di cui siamo coscienti tramite il nostro privilegio di riconoscerci allo specchio, possiamo essere indotti a una difesa che include tanto una strategia come l’altra: ATTACCHIAMO IL PROBLEMA RIFUGGENDOLO: lo rifiuto, lo nego, lo occulto. Per non registrare la mia condizione di dipendenza la disconosco in me, me ne libero proiettandola sull’altro e mi racconto che non sono io ad essere dipendente ma è l’altro attraverso il controllo del quale controllo anche la mia dipendenza proiettata.

Facendo riferimento a una fonte dialettica filosofica

Il PADRONE si illude di non essere dipendente creando lo SCHIAVO al suo servizio su cui agisce il suo potere di uomo “libero”. Il potere ,e tutto il lavoro per mantenerlo, lo occupa e lo acceca completamente tanto da non permettergli di farsi la più pallida idea della grande verità che il suo servo dipende da lui esattamente quanto lui dal suo servo:

uno esiste esclusivamente entro il riconoscimento e la funzione che compie l’altro nei suoi riguardi.

Così il mondo si divide in VESSATORI e VESSATI, i primi hanno nei confronti della dipendenza una posizione aggressiva di rifiuto e manipolazione, i secondi una posizione di accettazione per una non coscienza di se stessi e una non fiducia nelle loro risorse e nel diritto ad accedervi, sentimenti che li metterebbero in grado di cercare un riconoscimento al di fuori dell’assecondamento del piacere altrui.

Naturalmente,dato che è molto più comodo dipendere da un servo che ci serve, piuttosto che essere noi il servo che dipende dal padrone, ci viene subito da chiederci se il mondo si divide in furbi e in stupidi. ATTENZIONE , fare MOLTA ATTENZIONE ,chi è padrone lo sarà per investitura ricevuta da un ambiente in cui, in qualche modo, gli sarà stata indotta e fissata questa identità e questa parte; mondato inverso avrà fatto di qualcun’altro un servo. A chi venisse in mente che questo è meccanico determinismo, posso rispondere che NON LO è ,ma ,piuttosto ,il risultato di quel fenomeno di “IMPRINTING” a cui gli uomini sono soggetti non meno degli animali, solo con più varianti e più potenzialità dì correzione.

QUINDI dipendenza creatrice di sfruttatori e sfruttati, vessatori e vessati, “forti” e “deboli”? Non è la dipendenza la responsabile di tutto questo disastro ma piuttosto il suo rifiuto, il nostro poter intervenire a manipolare la Natura con il risultato costante di perdere il contatto con la sua perfetta bussola regolatrice.

lo stato di dipendenza gli uni dagli altri, di un elemento della Natura da ogni altro è la realtà universale , provare a negarla equivale all’atteggiamento infantile di un bambino capriccioso e spaventato che ,non apprezzando e non accontentandosi dei giocattoli che ha, finirà per rovinarli tutti riversandoci sopra ora disinteresse che li nullifica, ora frustrazione e rabbia che li distrugge.

MA L’UMANITà ha a disposizione più direzioni in cui muoversi, se possiamo permanere nell’immaturità dell’infanzia, possiamo anche diventare adulti che guardano e accolgono in tutti i suoi aspetti la realtà che li riguarda, in questo orizzonte lo stato di dipendenza potrebbe diventare uno strumento dì fratellanza anzichè di guerra, di riconoscimento anzichè di negazione,di gratitudine anzichè di arroganza.